Grupo Tres Reyes Magos Belén Velardita 16 cm siciliano terracota

Grupo Tres Reyes Magos - Estatuas de belén artesanal de estilo siciliano del siglo XIX, acabada y pintada a mano.
Máxima expresividad de los rostros, suavidad de la ropa y naturalidad de la postura.
Todas las prendas están hechas completamente a mano utilizando una fina hoja de arcilla.
De la tradición centenaria de los belenes de Caltagirone (Sicilia).
Una obra de arte única firmada en la base, cada pieza es única y puede diferir de la foto.
Estatua a escala para el belén Velardita cm 16 (6,3 inch).
Con certificado de Origen. 100% Made in Italy.
Catálogo: Velardita Belenes
Código (SKU): VLR1140

Grupo Tres Reyes Magos cm 16 (6,3 inch) Pesebre Siciliano Velardita en terracota 
Las espléndidas figuras de terracota del Belén Velardita son objetos de alta artesanía apreciados por coleccionistas de todo el mundo. Los personajes del belén se inspiran en los antiguos oficios de la Sicilia del siglo XIX y se distinguen por la extraordinaria expresividad de sus rostros y la naturalidad de la postura. Los trajes están hechos completamente a mano con una fina hoja de arcilla y confieren a las figuras una suavidad. Por último, las estatuas están totalmente pintadas a mano por los artistas especializados de Caltagirone (Sicilia).
El tamaño se refiere a la escala del pesebre y no a la altura de la estatua. Cada pieza está acabada y pintada a mano, por lo que las fotos pueden diferir en algunos detalles. 100% Made in Italy.
Para cualquier pregunta, póngase en contacto con nuestro Servicio de Atención al Cliente.

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Grupo Tres Reyes Magos cm 16 (6,3 inch) Pesebre Siciliano Velardita en terracota 
Las espléndidas figuras de terracota del Belén Velardita son objetos de alta artesanía apreciados por coleccionistas de todo el mundo. Los personajes del belén se inspiran en los antiguos oficios de la Sicilia del siglo XIX y se distinguen por la extraordinaria expresividad de sus rostros y la naturalidad de la postura. Los trajes están hechos completamente a mano con una fina hoja de arcilla y confieren a las figuras una suavidad. Por último, las estatuas están totalmente pintadas a mano por los artistas especializados de Caltagirone (Sicilia).
El tamaño se refiere a la escala del pesebre y no a la altura de la estatua. Cada pieza está acabada y pintada a mano, por lo que las fotos pueden diferir en algunos detalles. 100% Made in Italy.
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Especificaciones de productos
Categoría:Especificaciones:
ArtículosPesebres
Nombre PesebreVelardita - Siciliano
FigurasRejes Magos
Tamañocm 16
MaterialTerracota
AcabadoPintado a mano
Tipología PesebrePesebres Coleccionables
OrigenMade in Italy
CertificaciónCertificado de Autenticidad y Origen, Logo Velardita impreso en la base
Leer todas las Reseña(s)
IL PRESEPE SICILIANO.
5
Rino Cardone 7/1/2024 11:08
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Sono un misto d’incanto, sorpresa, stupore, entusiasmo, ammirazione e meraviglia gli elementi che compongono il presepe siciliano.  C’è la meraviglia dell’attesa. C’è la meraviglia dell’Epifania. E c’è la meraviglia del focolare domestico.
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“Susi pasturi” è il pastorello che dorme e che sogna l’arrivo del Messia. I napoletani lo chiamano “benino”. Si tratta all’incirca della stessa figura del presepe ma porta un nome diverso, da una regione all’altra. La sua attesa sarà poi ricompensata dall’arrivo del bambino Gesù: lì, nella stalla, tra il bue e l’asinello.
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“’U scantatu ra stidda” è il pastore sbalordito, attonito e al tempo stesso intimorito nel guardare, a bocca aperta, il passaggio - in alto nel cielo - della stella cometa: colto da uno stupore incontenibile e da una grande gioia per l’arrivo dell’Emmanuele, ovvero del "Dio È con noi".
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Un altro personaggio del presepe siciliano è “Zu Innaru”. Piuttosto che di uno zio, di nome Gennaro, si tratta di zio Gennaio: che com’è noto è un mese molto freddo. È questa la ragione per cui esso viene raffigurato mentre sfrega le mani, davanti ad un fuoco acceso. La sua rappresentazione richiama il calore della famiglia.
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Qualora continuassimo a portare con noi queste immagini, durante tutti i mesi dell’anno, probabilmente conserveremo la magia di quei presepi cui siamo stati abituati da bambini. Conservando, così, l’importanza: del sognare ad occhi aperti, dello sbalordirci coralmente rispetto ai lieti eventi e dell’impressionarci di fronte ai valori comuni della famiglia.
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© Rino Cardone
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Nel presepe siciliano l’Epifania rappresenta l’elemento “amplificante” ed “espandente” della Natività di Gesù. L’attenzione si sposta dal “piano temporale” della Nascita Divina (avvenuta, in maniera molto umile e modesta, dentro una stalla) al livello della “temporalità diacronico-paradigmatica” della Rivelazione del Verbo, annunciata dalla “congiunzione astrale” della Stella Cometa svettante in alto, nel cielo, la cui Luce indicò il percorso ai Re Magi d'Oriente per raggiungere il Cristo, nella piccola città di Betlemme, a sud di Gerusalemme.
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Nella tradizione siciliana, sono tre gli elementi presepiali che descrivono questo evento dell’Apparizione Giovannea della Manifestazione, tangibile, della Parola di Dio nella storia.
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Il primo è quello della Stella Cometa che assume, però, la “fisionomia antropomorfa” della Santissima Trinità Cristiana, Ovvero: Padre, Figlio e Spirito Santo da apporre dritto, dritto, sopra la grotta della Natività. Si tratta di una sorta di “Astro nel Cielo” dai valori carismatici, dogmatici e teologici. Nella fattispecie la rappresentazione è quella del «Padre Eterno» cioè di un vecchio canuto che ha sul capo un triangolo e sulla veste una colomba con le ali aperte. Il tutto è volto a rappresentare la Santissima Trinità.
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Poi ci sono i Re Magi. Ovvero: Gaspare, Melchiorre e Baldassarre. Essi recano con sé i doni per Gesù: oro, incenso e mirra. L’oro, simbolo di Fede, da donare ad un Re. L’incenso, allegoria di venerazione, da consegnare ad una Divinità. E la mirra, metafora di sofferenza e sacrificio, da elargire a chi, un giorno, donerà la Sua vita, sulla Croce, per il riscatto dell’umanità. In pochi sanno che esistono, però, delle teorie secondo cui i Re Magi erano in tutto quattro. E non tre, Il quarto Re Magio era conosciuto con il nome di Artabano, anche lui proveniva dalla Persia e pure in lui si mise in viaggio, insieme agli altri tre, dopo aver visto la Stella Cometa apparire nel Firmamento. Lui, purtroppo, si perse, però, strada facendo e non potete consegnare a Gesù le sue pietre preziose: uno zaffiro, un rubino e una perla che sono simboli di castità, autorevolezza e purezza. Artabano giunse in ritardo nel luogo in cui nacque Cristo. Ovvero dopo trentatré anni, nei giorni della Sua Morte e Resurrezione, nella Città Santa di Gerusalemme
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A completare la scena e a fare da terzo elemento dell’Apparizione Giovannea del Verbo Divino c’è (nel presepe siciliano) una “scena di gruppo” composta di pastorelli, di vario grado, che descrivono il “mistero epifanico” dell’adorazione del Verbo Divino e della contemplazione della Luce Ultraterrena e Celestiale. Nella fattispecie questo scenario (agreste, bucolico e pastorale) si compone di varie, altre, figure. C’è quella del “buon pastore” che porta un agnello, sulle sue spalle. Profonda è l’analogia di questo personaggio con l’immagine che Gesù diede di Se Stesso, il Quale si paragonò, per l’appunto, ad un “Buon Pastore” che ha cura delle Sue pecore, nessuna esclusa. Lo stesso, questo, di quanto si dovrebbe fare per ogni creatura umana, così come fece il “Salvatore Betlemita”, l’Eterno Messia della tradizione cristiana.
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Nondimeno l’intera scena si compone altre volte, pure: di un “ciarameddaro”, di uno “zolfataio”, di una “lavandaia”, di una “portatrice di uova”, di una “lavandaia”, di un “fabbro”, di un “arrotino” e di un “caldarrostaio”. Ce n’è, insomma, “per tutti i gusti” a significare la “coscienza universale del lavoro” come un “atto di liturgia” che avvicina l’essere umano, al Divino: laddove si consideri come una preghiera ciascuna attività che viene svolta dalla donna e dall’uomo. E qui entra in campo un elemento finale che è quello di un individuo che si toglie una spina dal piede: così come dovrebbe fare ogni persona quando affronta, quotidianamente, i frangenti della vita.    
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© Rino Cardone.
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Tamañocm 16
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OrigenMade in Italy
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IL PRESEPE SICILIANO.
5
Rino Cardone 7/1/2024 11:08
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Sono un misto d’incanto, sorpresa, stupore, entusiasmo, ammirazione e meraviglia gli elementi che compongono il presepe siciliano.  C’è la meraviglia dell’attesa. C’è la meraviglia dell’Epifania. E c’è la meraviglia del focolare domestico.
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“Susi pasturi” è il pastorello che dorme e che sogna l’arrivo del Messia. I napoletani lo chiamano “benino”. Si tratta all’incirca della stessa figura del presepe ma porta un nome diverso, da una regione all’altra. La sua attesa sarà poi ricompensata dall’arrivo del bambino Gesù: lì, nella stalla, tra il bue e l’asinello.
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“’U scantatu ra stidda” è il pastore sbalordito, attonito e al tempo stesso intimorito nel guardare, a bocca aperta, il passaggio - in alto nel cielo - della stella cometa: colto da uno stupore incontenibile e da una grande gioia per l’arrivo dell’Emmanuele, ovvero del "Dio È con noi".
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Un altro personaggio del presepe siciliano è “Zu Innaru”. Piuttosto che di uno zio, di nome Gennaro, si tratta di zio Gennaio: che com’è noto è un mese molto freddo. È questa la ragione per cui esso viene raffigurato mentre sfrega le mani, davanti ad un fuoco acceso. La sua rappresentazione richiama il calore della famiglia.
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Qualora continuassimo a portare con noi queste immagini, durante tutti i mesi dell’anno, probabilmente conserveremo la magia di quei presepi cui siamo stati abituati da bambini. Conservando, così, l’importanza: del sognare ad occhi aperti, dello sbalordirci coralmente rispetto ai lieti eventi e dell’impressionarci di fronte ai valori comuni della famiglia.
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© Rino Cardone
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Nel presepe siciliano l’Epifania rappresenta l’elemento “amplificante” ed “espandente” della Natività di Gesù. L’attenzione si sposta dal “piano temporale” della Nascita Divina (avvenuta, in maniera molto umile e modesta, dentro una stalla) al livello della “temporalità diacronico-paradigmatica” della Rivelazione del Verbo, annunciata dalla “congiunzione astrale” della Stella Cometa svettante in alto, nel cielo, la cui Luce indicò il percorso ai Re Magi d'Oriente per raggiungere il Cristo, nella piccola città di Betlemme, a sud di Gerusalemme.
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Nella tradizione siciliana, sono tre gli elementi presepiali che descrivono questo evento dell’Apparizione Giovannea della Manifestazione, tangibile, della Parola di Dio nella storia.
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Il primo è quello della Stella Cometa che assume, però, la “fisionomia antropomorfa” della Santissima Trinità Cristiana, Ovvero: Padre, Figlio e Spirito Santo da apporre dritto, dritto, sopra la grotta della Natività. Si tratta di una sorta di “Astro nel Cielo” dai valori carismatici, dogmatici e teologici. Nella fattispecie la rappresentazione è quella del «Padre Eterno» cioè di un vecchio canuto che ha sul capo un triangolo e sulla veste una colomba con le ali aperte. Il tutto è volto a rappresentare la Santissima Trinità.
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Poi ci sono i Re Magi. Ovvero: Gaspare, Melchiorre e Baldassarre. Essi recano con sé i doni per Gesù: oro, incenso e mirra. L’oro, simbolo di Fede, da donare ad un Re. L’incenso, allegoria di venerazione, da consegnare ad una Divinità. E la mirra, metafora di sofferenza e sacrificio, da elargire a chi, un giorno, donerà la Sua vita, sulla Croce, per il riscatto dell’umanità. In pochi sanno che esistono, però, delle teorie secondo cui i Re Magi erano in tutto quattro. E non tre, Il quarto Re Magio era conosciuto con il nome di Artabano, anche lui proveniva dalla Persia e pure in lui si mise in viaggio, insieme agli altri tre, dopo aver visto la Stella Cometa apparire nel Firmamento. Lui, purtroppo, si perse, però, strada facendo e non potete consegnare a Gesù le sue pietre preziose: uno zaffiro, un rubino e una perla che sono simboli di castità, autorevolezza e purezza. Artabano giunse in ritardo nel luogo in cui nacque Cristo. Ovvero dopo trentatré anni, nei giorni della Sua Morte e Resurrezione, nella Città Santa di Gerusalemme
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A completare la scena e a fare da terzo elemento dell’Apparizione Giovannea del Verbo Divino c’è (nel presepe siciliano) una “scena di gruppo” composta di pastorelli, di vario grado, che descrivono il “mistero epifanico” dell’adorazione del Verbo Divino e della contemplazione della Luce Ultraterrena e Celestiale. Nella fattispecie questo scenario (agreste, bucolico e pastorale) si compone di varie, altre, figure. C’è quella del “buon pastore” che porta un agnello, sulle sue spalle. Profonda è l’analogia di questo personaggio con l’immagine che Gesù diede di Se Stesso, il Quale si paragonò, per l’appunto, ad un “Buon Pastore” che ha cura delle Sue pecore, nessuna esclusa. Lo stesso, questo, di quanto si dovrebbe fare per ogni creatura umana, così come fece il “Salvatore Betlemita”, l’Eterno Messia della tradizione cristiana.
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Nondimeno l’intera scena si compone altre volte, pure: di un “ciarameddaro”, di uno “zolfataio”, di una “lavandaia”, di una “portatrice di uova”, di una “lavandaia”, di un “fabbro”, di un “arrotino” e di un “caldarrostaio”. Ce n’è, insomma, “per tutti i gusti” a significare la “coscienza universale del lavoro” come un “atto di liturgia” che avvicina l’essere umano, al Divino: laddove si consideri come una preghiera ciascuna attività che viene svolta dalla donna e dall’uomo. E qui entra in campo un elemento finale che è quello di un individuo che si toglie una spina dal piede: così come dovrebbe fare ogni persona quando affronta, quotidianamente, i frangenti della vita.    
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